Ci siamo organizzati bene, Maurizio ha studiato una bella traccia, e l’appuntamento è alle 9 al solito negozio di bici: Paolo è sempre il primo ad arrivare, poi ci sono io, seguita da Maurizio e Sergio. Per ultimo Walther. Carichiamo le bici e gli zaini sul pulmino: la giornata è calda, e dobbiamo portare con noi, oltre alla borraccia, lo zaino con la sacca idrica. Anche perché non sono previste fontane lungo il percorso.
Finalmente è tutto pronto, abbiamo dieci minuti di ritardo sulla tabella di marcia, quindi via di corsa!! E…chi incrociamo per strada? Alessandro! Viene anche lui. Così fa una bella inversione e ci segue. Stefano ci aspetta all’ingresso di Borello della E45, e anche lui si accoda alla carovana.
Si viaggia fino a Badia Prataglia, dove parcheggiamo ed iniziamo a prepararci.
Dato che ci siamo, perché non farci un bel panino prima di partire? Sì, perché, per non farci mancare niente, ci siamo portati anche il pranzo al sacco: Paolo ha addirittura un panino con miele e Nutella, e decide di farsi il pieno di energia subito prima di iniziare a pedalare!
Anche Maurizio, Walther e Sergio decidono di seguire l’esempio di Paolo.
La giornata è perfetta: l’aria è pulita, il sole splende, la temperatura è di una ventina di gradi e finalmente si parte.
Iniziamo in asfalto, scendendo verso La Verna. Seguendo il GPS di Maurizio ad un certo punto troviamo questa stradina che si inerpica nel bosco. E’ un single track piuttosto ripido, e la pioggia della notte precedente ha reso il terreno abbastanza scivoloso. C’è chi ci prova, ma io scendo quasi subito, almeno nella prima parte, poi quando il sentiero si spiana un po’ decido di rimettermi in sella.
Finalmente siamo in mezzo al verde, alla natura, agli alberi, un rovo si aggrappa alla mia maglia e ne strappa un lembo: è lo stesso rovo che ha fatto sanguinare l’avambraccio di Maurizio qualche secondo prima. Ma fa tutto parte del gioco e non ce ne curiamo nemmeno!
Affrontiamo la prima discesa: qualche roccia un po’ scivolosa, qualche scanalatura scavata dalla pioggia e… ci troviamo di nuovo in strada! C’è qualcosa che non va… Dopo una breve consultazione della traccia si decide di tornare indietro: probabilmente abbiamo perso il bivio. E così si sale di nuovo per quella che fino a qualche secondo prima era stata una discesa.
La troviamo subito, quella minuscola freccia affissa ad una betulla, ma chi avrebbe potuto vederla prima?
Prendiamo finalmente il bivio giusto, e ci troviamo a passare in mezzo ad una radura, un po’ di pianura, una breve discesa, si passa di fianco ad un gruppetto di case in pietra -stupende!- e poi si inizia a salire! Imbocchiamo questa mulattiera. Un vero e proprio falsopiano: pur sembrando pianura o addirittura discesa, arriva ad un 9% di pendenza. Poi ci sono parti che non sono false per niente, e la salita si vede e si sente tutta, ma noi non abbiamo fretta, si va ognuno del nostro passo, ci si ferma ogni tanto e ci si aspetta, e intanto si fa anche qualche foto.
Arriviamo finalmente al bivio che ci riporta nel bosco: sono questi i luoghi che adoro! C’è odore di muschio, di foglie bagnate, di funghi. Ed effettivamente i fughi ci sono: è pieno! Inizia a soffiare il vento, che si muove fra i rami. Il sentiero è pulito, si prosegue bene, senza inghippi; qualche volta siamo costretti a scendere: un passaggio difficile, una pendenza impossibile o qualche radice di troppo. Il silenzio del bosco è spettacolare: ci siamo solo noi e il vento. Passiamo di fianco allo spiazzo dove Maurizio si è fermato a dormire due anni fa, e lo vediamo perdersi nei ricordi di quell’avventura! Ci racconta di come avevano deciso di fermarsi, di dove avevano montato la tenda, degli animali che durante la notte passavano loro accanto, dell’adrenalina, la paura, l’emozione di quei posti.
Ma è ora di ripartire, e poi, d’un tratto, senza nemmeno accorgercene, siamo arrivati! Poggio tre vescovi è lì: un cartello, altitudine 1.240 metri, tanta soddisfazione e anche tanta fame!!!
Eh sì, abbiamo pedalato fino all’una e mezza passata ed è decisamente ora di dare fondo alle nostre scorte di cibo! Tanto, dice Maurizio, da qui in poi è tutta discesa!
Scegliamo uno spiazzo illuminato dal sole, e ci abbuffiamo!
Vorremmo anche riposare un po’ di più, ma siamo molto sudati, e il vento ha iniziato a soffiare più forte di prima. E’ ora di mettere un antivento e di iniziare a scendere…
Scendere? Non esattamente. Andando verso sinistra ci troviamo a fare la strada dell’andata a ritroso, ma su un livello più alto (sentoero 00), e mantenendoci dentro al bosco. Solo che non è tutta discesa: si tratta piuttosto di un saliscendi. E siccome è noto che, a parità di lunghezza, le discese sono molto più brevi delle salite, ci troviamo a sudare e faticare di nuovo, in mezzo a questo sentiero che passa attraverso il bosco, si infila in mezzo a qualche radura, alterna ombra a sprazzi di sole, terreno asciutto a rocce e pozzanghere. Ci infanghiamo, sudiamo, ci graffiamo, a volte scendiamo e proseguiamo a piedi, ormai stremati.
Un’ultima discesa su un terreno roccioso e sbuchiamo alla seconda meta: il Passo dei Mandrioli! Qualche foto è d’obbligo, e riusciamo anche a trovare un passante che gentilmente ci scatta una bella foto di gruppo.
L’ultimo tratto è tutto in asfalto e (finalmente!) in discesa, e ci riporta al parcheggio. Tempo di una rinfrescata, una cambiata, e una merenda veloce e poi si riparte, direzione CASA!
35 km, 1300 metri di dislivello: è stata proprio una bellissima, massacrante, ma soddisfacente avventura!
Non hai citato l’incontro di prima mattina con Bit, che si è offerto di venirvi a recuperare qualora andaste persi…
Cavoli hai ragione!!!! Chiedo perdono!!!